Alice Ayres

You can't rely on other people to make you happy

Invece Ornella vuole vivere e cantare

Il vero problema non è la tristezza. È abituarsi alla tristezza, quasi affezionarsi. Con la felicità non succede mai, si ha solo timore che finisca da un momento all’altro.

È mettersi così tanto le mani sugli occhi da non distinguere più i contorni, quelli tra ragionevole e nocivo, tra tempo investito e buttato. E rifarlo ancora, in preda a un incessante slancio di forza – ormai del tutto esaurita – ché là dove non arriva la speranza può comunque spingersi il lesionismo, e viceversa.

Convivere con il dolore per le ragioni sbagliate. Non per un lutto insanabile che ti accompagnerà a vita – e che peraltro conosco, oh se lo conosco – ma per, appunto, abitudine. Pur sapendo, ma non volendo dire. Pur piangendo, ma non riuscendo a fare. Sospendere il giudizio, senza però uscirne migliori. “Metti che mi sbaglio”, le parole che non voglio più pensare.

Questo freddo

Era il primo dicembre di una vita fa. So che faceva freddo, ma so anche che non lo sentivo. Nemmeno in motorino, addirittura senza guanti. Spericolata a mio modo, mi verrebbe da dire, un’adolescente qualunque col suo piccolo “bonus immortalità” in tasca. Erano i tempi in cui provavo disagio verso cose che oggi mi lasciano indifferente, e ritenevo sicuri contesti che ora mi preoccuperebbero.

Ricordo tutto di quel pomeriggio. Il buio presto, il ritrovo dietro la Rai, una svolta azzardatissima in mezzo a corso Sempione senza passare dal controviale. Il parroco che proprio quella sera suona alla porta per benedire casa. Due ragazzini che si credono grandi; i suoi occhi, le nostre paure.

Quante cose ha perso per strada, quella me: l’impulsività, la maschera, la leggerezza degli anni che furono. Che non ritornano. E di cui non rimpiango niente, se non un semplice concetto al quadrato: la possibilità di potere. La certezza che c’è tempo, e margine, di diventare e fare tutto.

Arrivata a questo punto, per sentirmi viva non basterebbe certo guidare il motorino alle porte dell’inverno senza sentire freddo. Ma sarebbe bello, non sentire freddo. Questo freddo che mangia i sogni.