Ottimismo
Da qualche tempo a questa parte il mese di gennaio mi pone sempre davanti a un preciso interrogativo: rinnovare o non rinnovare il dominio del blog? Quest’anno mi sono seriamente chiesta quale sia l’utilità di un dominio a pagamento dacché:
a) Scrivo saltuariamente
b) Non posso farne una professione
c) Sono incostante a priori
d) Ho creato un personaggio che ho fatto suicidare cancellandomi da Twitter
La risposta è semplice: nessuna.
Eppure. Eppure qui c’è una parte di me che non posso riporre altrove, quella parte che nessun padre, marito, fidanzato, pseudo-uomo-della-mia-vita avrà voglia di capire, ché alzare gli occhi al cielo è sempre la scorciatoia preferita dagli allergici all’empatia. Un posto dove sfogarmi, dove chiedere a chi c’è là fuori se sono la sola a fare a pugni con certi sconforti. Terapia di gruppo. Boa che tiene a galla. Pungiball. Non sto facendo la vittima, per quello ci sono le amiche. Sto solo dicendo che quando non hai più vent’anni e la favola dell’Amore-con-la-A-maiuscola viene risucchiata dallo sciacquone di un cesso chiamato Realtà, non c’è più tempo per sperare che il prossimo sia diverso. Che arriverà quello giusto. Il rischio semmai è di rimpiangere il precedente, seppur senza un briciolo di trasporto.
Quello giusto non esiste, è tutto meramente frutto dell’estenuante compromesso che ha portato le nostre madri, zie, nonne ad avere una patina di rassegnazione sugli occhi, a non chiedere, a non aspettarsi di essere capite, a non pretendere più attenzioni del minimo sindacale – talvolta nemmeno quelle. Quante volte – quante! – sento donne come me (tra cui me) difendere l’uomo di turno dicendo cose tipo “Dai però mi ha scritto per primo, è il suo modo di chiedere scusa” oppure “Si è ricordato che avevo quell’incontro importante e mi ha detto di fargli sapere l’esito” o ancora “Mi ha chiesto se stavo meglio perché avevo avuto la febbre, vedi che si preoccupa“.
È incredibile: quando una donna tiene – inspiegabilmente – a un uomo confonde ciò che è normale con l’eccezionale. Cerca significati inesistenti, appigli contro la più cruda delle verità. Stupirsi perché uno si ricorda della tua vita o ti chiede come stai, ma stiamo scherzando?! Dovrebbe essere all’ordine del giorno #einvece stappiamo lo champagne, chiamiamo la banda e gridiamo al miracolo. Come le nostre madri quando papà si ricorda del loro compleanno. Come chi non si aspetta più nulla dalla persona da cui dovrebbe ricevere amore e conforto. Alla faccia del paradosso.
Non voglio generalizzare, le eccezioni ci sono e (non) ne ho viste diverse. Ma io davvero mi domando se voi, rappresentanti del genere maschile, siate lieti che i vostri colleghi sminuiscano così la vostra categoria. Perché io, da donna di mentalità aperta, non sono contenta ad esempio che per alcuni (trogloditi?) donna=troia. Tantomeno donna=rompicoglioni, che tra l’altro – come già scritto nel post precedente – è un’equazione che sta a metà strada tra la verità e ciò che gli uomini che non vogliono mettersi in gioco chiamano verità.
Sarò particolarmente infastidita, fastidiosa e pessimista oggi, ma credo che questo status quo non possa che portare alla crescita di un disprezzo latente tra i sessi e – ahinoi – tra i partner. Perché se devo guardare la persona che amo – e che so di amare – e sentire in una parte di me una voce che dice “Sei un egoista da quattro soldi privo di ogni sensibilità, un ignorante che non sa quanto sia bello fare qualcosa per chi si dice di amare, accanto a te non sarò mai felice, odio con tutta me stessa la tua visione della vita, grow the fuck up you prick” allora vuol dire che lo squilibrio tra speranza e disillusione, tra impegno e inerzia, tra progetti e fancazzismo sta raggiungendo sproporzioni sconcertanti che io – davvero – non sono ancora abbastanza vecchia, sola o incinta da poter accettare solo perché lo sai come sono gli uomini.