Questo freddo

Era il primo dicembre di una vita fa. So che faceva freddo, ma so anche che non lo sentivo. Nemmeno in motorino, addirittura senza guanti. Spericolata a mio modo, mi verrebbe da dire, un’adolescente qualunque col suo piccolo “bonus immortalità” in tasca. Erano i tempi in cui provavo disagio verso cose che oggi mi lasciano indifferente, e ritenevo sicuri contesti che ora mi preoccuperebbero.

Ricordo tutto di quel pomeriggio. Il buio presto, il ritrovo dietro la Rai, una svolta azzardatissima in mezzo a corso Sempione senza passare dal controviale. Il parroco che proprio quella sera suona alla porta per benedire casa. Due ragazzini che si credono grandi; i suoi occhi, le nostre paure.

Quante cose ha perso per strada, quella me: l’impulsività, la maschera, la leggerezza degli anni che furono. Che non ritornano. E di cui non rimpiango niente, se non un semplice concetto al quadrato: la possibilità di potere. La certezza che c’è tempo, e margine, di diventare e fare tutto.

Arrivata a questo punto, per sentirmi viva non basterebbe certo guidare il motorino alle porte dell’inverno senza sentire freddo. Ma sarebbe bello, non sentire freddo. Questo freddo che mangia i sogni.