Di malinconia
di Alice Ayres
C’è che la malinconia è un po’ una droga e un po’ una malattia.
C’è che non ha niente a che fare con la solitudine, intesa come paura di stare soli. È sua compagna semmai: la sostiene, la condisce, la infetta.
C’è che la malinconia sa prendere il sopravvento sulle tue pulsioni, i princìpi, le migliori intenzioni, l’integrità più ostinata. Un minuto sei euforico, quello dopo avverti un peso dentro, un fardello che solo chi erra nell’esistenza comprende, una valigia – a tratti leggera, a tratti insostenibile – che sai di trascinare sempre dietro ai tuoi passi.
C’è che in un istante la percezione della realtà cambia, e passeggiare in una sera di pioggia nella tua città – col vento tiepido a carezzarti il viso – si trasforma all’improvviso nella scena di un film in bianco e nero che ti racconta qualcosa di mai dimenticato. Qualcosa che in realtà non vorresti nemmeno rivivere, ma che là dentro – tra lo stomaco e il respiro – si fa ancora sentire.
E allora ridere genera come una eco distorta, sebbene i rumori non possano niente contro il tuo silenzio. E allora chiacchierare maliziosamente con una persona che vuole portarti a letto ha il sapore blando di una storia nota, già scritta, già vissuta. Di un palliativo che t’illude di rinascere più fresco e leggiadro, come se guarire fosse davvero possibile. È tutta contraddizione umana, è tutto cuore tradito che reclama il suo spazio: anche se non vuoi niente di ciò che “ti manca” non puoi fare a meno di ripensarci, di arrovellare i battiti intorno alle cose perdute che sapevano di buono, di casa. Perché alla fine la malinconia è un po’ questo: la ricerca trascinata di una casa che non hai saputo conquistare, che hai sfiorato e rivorresti indietro.
Per i malinconici la serenità perenne non esiste, c’è sempre un ammanco, un condotto buio, un senso d’incomprensione che parte dagli altri e deposita polvere sugli occhi.
C’è che la malinconia è una percezione esagerata di ciò che cura e di ciò che fa male, un filtro che permette di apprezzare, penetrare, riconoscere la Bellezza come nessun altro, ma anche di sentire l’anima accoltellata davanti agli aspri dettagli del mondo. Gli anziani invisibili che con immensa fatica camminano per strada mentre i pedoni frettolosi li superano sbuffando. Gli occhi di una persona che dice di amarti e non si accorge nemmeno del dolore che porti dentro, e che il suo egoismo alimenta. I tuoi genitori, che hai visto tramutarsi da figure autoritarie a persone, per poi – lentamente – cominciare a invecchiare senza che lo riuscissi a impedire, senza poter restare bambini così da non lasciarli andare, da non vedere i loro limiti di esseri mortali.
C’è che la malinconia riconosce i suoi simili, e con alcuni crea un legame, un arpione, un brusio di sottofondo che non smette mai. Come quando stai in silenzio accanto a una persona e ti sembra di non dover aggiungere nulla. Come quando, al di là di ogni più feroce incomprensione e disprezzo, sai che tu e lui vi porterete sempre dentro.
Brava, bella descrizione di un sentimento così triste. Alice, hai la capacità di raccontare ciò che per molti è una senzazione (indescrivibile).
Continua così! Moltissime persone trovano conforto nelle tue parole.
Ciao!
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Ci si fa coraggio, si sorride, si volta pagina e si finge continuamente di essere padroni della nostra anima, del nostro tempo e tutto quello che ti pare, ma sovente affiorano e riaffiorano dei momenti che, sia pur contro ogni ragione, non ci lasceranno più.
Con certi pensieri in testa ci si trova a sorridere malinconicamente davanti a un vetro appannato.
Si, davvero bello e tragico l’amore.
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La malinconia è un demone silenzioso che distoglie lo sguardo dal presente, un presente spesso indecifrabile che sospende la nostra capacità di fiducia nel futuro. È una moto che viaggia di notte contromano, il cui unico faro illumina la striscia d’asfalto sbagliata, viaggiando pericolosamemte in direzione opposta alla felicità. È una umana debolezza, e poiché è umana sembra innocua e legittima, e giustifica la nostra tristezza dandole un senso. È un’illusione che si aggrappa ad una realtà che non c’è più.
L’opposto della malinconia è la speranza, la fiducia, la convinzione che la felicità è alla nostra portata, il coraggio. La malinconia non ci chiede di scegliere, è più facile conviverci, mentre la speranza, la fiducia e il coraggio comportano una autentica lotta interiore per non accettare di essere sconfitti dalle avversità e dai fallimenti.
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Malinconia è sinonimo di sensibilità. Un mantello che ci può avvolgere, ma da indossare con leggerezza, impedire che il suo freddo tempore ci blocchi il cammino è un pericolo che molti incorrono.
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Continui a stuprimi con te stessa
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“..che sapevano di buono, di casa..”
Che coltellata.. Quando sì sente quel senso di appartenenza, liberarsene é impossibile. Un’implacabile persecuzione..
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