Carta carbone
di Alice Ayres
Ciao Alice,
ti scrivo perché mi sono resa conto che stai passando quello che ho passato e sto passando anch’io. Con diversi gradi di dolore, ovvio. Con diverse sfumature di disperazione, chiaro.
[…]
Ho conosciuto un uomo, e me ne sono innamorata. Non ho mai avuto storie lunghe nella mia vita, sono sempre stata sfiduciata nei confronti dell’amore. Ho fatto tanta di quella fatica per lasciarmi andare, per riuscire a vivere quella quotidianità a cui, senza rendermene conto, ho sempre anelato.
[…]
Non lo so perché. Mi sono buttata e ho dato fiducia. Mi sono aperta come non facevo da tanto. Attraverso lui ho conosciuto una parte di me che, mio dio, mi piace tantissimo: una parte dolce, che manda buongiorni e buone notti, una parte tenera e paziente e comprensiva. Il problema iniziale più grande che ho dovuto affrontare è stata la mancanza di fiducia nei miei confronti: non mi era mai capitato. Mi sentivo fallata, in colpa, sbagliata, perché non sapevo come far sì che si fidasse di me. È stato sospettoso, pensava vedessi qualcun altro: c’erano frecciatine continue, e avevo paura di dire che uscivo con due amiche e un amico, perché magari avrebbe pensato male di quella presenza maschile. Lo ammetto, a volte, per il NOSTRO bene, ho mentito. Non ho mai tradito nessuno nella mia vita, tanto meno lui. So come funziono: di sensi di colpa potrei davvero morire. Mi ha ributtato contro ogni parola che riteneva sbagliata per giorni. Sono arrivata ad aver paura di ogni cosa che dicevo e che non dicevo, di ogni cosa che facevo e che non facevo. Era tutto un: sto scherzando, non intendevo dire questo, non ti sto accusando. Ma intanto le parole uscivano. E io le masticavo e le ingoiavo come carta vetrata. E non riuscivo a digerirle. E non volevo nemmeno proteggermi, perché non trovavo giusto dovermi difendere da lui. Non essere creduti fa più male dell’abbandono stesso. Non essere creduti e non avere la possibilità di spiegarsi fa un male cane. E la fiducia è dolorosa per chi la dà, ma lo è di più per coloro ai quali non viene data.
[…]
Ero incazzata come una iena e allo stesso tempo avrei voluto gridargli: “Credimi! Credimi! Stai buttando via tutto per cose che esistono solo nella tua testa!”. Sentivo di aver fallito, di aver perso, anche se ero dalla parte della ragione. Avevo comunque perso lui.
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Io non so chiudere le porte, io le lascio sempre accostate, io le seconde possibilità le do, perché sono debole con le persone a cui voglio bene. […] Perché so restare, anche quando mi fanno male. Anche quando tutti mi dicono che sbaglio e che dovrei andare via. Perché so perdonare, anche quando non sarebbe corretto. Pensavo, e penso tutt’ora, che sia molto, tanto, troppo insicuro. […] Ho pensato che avesse bisogno di certezze, e gliele ho date. E sono contenta di questo. Ho perso un po’ di orgoglio e un po’ di dignità, ma non m’importa; ho sbattuto contro i suoi muri, e alcuni dei suoi mostri forse sono diventati miei. […] Sa come farmi più male, lo sa. E lo fa comunque.
[…]
Non ho mai preteso di uscirne “in pari” da un rapporto: a volte ho ricevuto più di quel che meritavo; stavolta so di aver dato più di quel che avevo.
[…]
So cosa vuol dire subire accuse e insicurezza. Mi sono sentita colpevole per cose che non facevo, ho chiesto scusa per colpe che non avevo. Può capitare no? Io in questi giorni mi sto ripetendo che forse non ci tiene così tanto: chi ci tiene chiede scusa anche per cose inutili, chi ci tiene lotta. Io ho dimostrato con fatti e parole di tenerci. Perché non può farlo anche lui?
[…]
Non so dare consigli o raccomandazione, e non so dirti come andrà a finire, le conosco quelle come noi: […] cerchiamo, seppur deluse, di salvare il rapporto con le parole, con le unghie e i denti, con la colla, lo scotch, il coraggio, gli aghi e i fili. Non siamo fatte per portare rancore, e forse dovremo andare a sbattere tante volte sullo stesso muro per capire che non si tratta di una porta. Ma l’amore è l’unica cosa che ci resta e, anche quando fa male, è l’unica cosa che difendiamo. E allora va bene così.
In bocca al lupo, un abbraccio forte, ti sono vicina, davvero.
Che twitter è senza @Alicettah ?
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Cara Alice e cara Lettrice Misteriosa,
Ora vi spiego, o meglio vi racconto, un paio di cose sugli uomini.
Lo faccio sicuramente per riempire queste due ore buche prima dell’ennesimo concerto, ma probabilmente lo faccio anche perché vi voglio bene, anche se naturalmente non vi ho mai conosciuto.
Ma alle donne (e badate dico donne, non persone che è troppo paraculo) come voi ho sempre voluto bene, come puoi voler bene all’eroina di un film che non ti capaciti mai possa incontrare solo metà sbagliate e vorresti tirarle una pedata e dirle “svegliati!”, che là fuori c’è un mondo pazzesco che ti aspetta.
Comunque..dicevo vi dico un paio di cose su di noi, poi decidete cosa farne. La mia speranza è che leniscano un po’ le fitte e magari siano un piccolo bignamino per il futuro.
Dunque. Primo, ci prendete troppo sul serio. Noi maschi non meritiamo tanta analisi, soprattutto perché spesso neanche noi abbiamo proprio le idee chiare a riguardo.
Vi basti sapere che la leggenda che ci vuole organismi semplici è una cazzata. Siamo contorti, dubbiosi, gravati da mille imprinting a partire da quando siamo in fasce almeno fino alla prima sega. Molto femminili, per rimanere in tema di luoghi comuni. Dopodiché, se siamo fortunati, ci lasciano un po’ respirare, almeno fino alla prima volta in cui incontrerai il primo maschio alfa della tua vita e dovrai decidere se scornare o soccombere.
Tutto questo è pece nera che ti rimane addosso, è roba dura a morire che ci troviamo in mezzo alle scatole quando ci mettiamo con qualcuno. Le madri, poi, fanno altri danni ma questo è un altro discorso.
Ma 99 volte su 100 non cerchiamo una vice madre, bensì una donna che da lei ci “salvi”. Adottate anche solo una delle sue caratteristiche e vi garantisco le vostre storie saranno tutte copioni dello stesso brutto film.
Secondo punto. C’è differenza tra comprensione ed empatia.
Spesso, leggendovi, manca un punto: capire è solo il primo passo. La vera sfida è essere un’isola, un porto sicuro. Quante di voi in tutta onestà sono disposte a costruire questo tipo di protezione al proprio lui? La vostra serenità è la nostra energia, la vostra rabbia la nostra kryptonite.
Terzo: molto semplice, sceglietevi gente meno stronza. Sapete guardare negli occhi di un uomo? Sapete leggere dietro lo sguardo, oltre il blu o il verde? Avete mai provato a guardarvi negli occhi per mezz’ora?
Una volta un vecchio jazzista di St.Louis mi disse più o meno: “Lo sai perché un uomo smette di amare una donna?!” – (mio silenzio) – “Perché non vede più Dio dietro i suoi occhi”.
Cercate il vostro dio, tra simili ci si riconosce.
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