Non ce lo si aspetta mai
di Alice Ayres

Maggio 2013. Io e il mio fidanzato, che amavo più di me stessa, ci rechiamo alla mostra del World Press Photo in corso Como. Alla vista di questa immagine, che ritrae madre e figlia iraniane sfregiate con l’acido dal rispettivo marito e padre, mi pietrifico. Immobile, aspetto che il mio uomo si avvicini, e dopo non poche esitazioni e balbettii gli chiedo: “Amore tu non mi faresti mai una cosa del genere, vero?”. Avrei tanto voluto non avere bisogno di porgli quella domanda, di sentirmi rassicurare, ma dopo che – più volte – mi aveva raccontato come di notte sognasse di uccidermi, sentivo l’impellenza inquieta di una conferma.
“Ti accoltellavo, poi chiamavo il mio migliore amico per salutarlo e andavo a costituirmi”, narrava con poco pudore. Non si rendeva conto che queste cose non andrebbero mai pensate, tantomeno condivise con la persona che in-consciamente desideri morta affinché tu non debba più straziarti nel temere, per motivi peraltro stupidi, di non poterti fidare di lei.
Per una donna innamorata, il problema paradossalmente sorge nella situazione contraria, cioè quando si fida troppo – non troppo poco – accecata dal sentimento. Quando simili parole vengono scambiate per amore folle e non per follia e basta, quando le si giustifica scherzandoci su, quando anziché provare rabbia nell’udirle si prova pietà e misericordia – quasi tenerezza – verso chi le pronuncia. Alle persone – perché ce ne sono – che si chiedono come facesse la donna bruciata viva a Pozzuoli a non immaginare di cosa fosse capace il suo ex, rispondo che potenzialmente c’è una Carla Ilenia Caiazzo in ognuna di noi, perlomeno in me. E che forse, per ironia della sorte, prevenire i femminicidi sta solo a noi donne, non attraverso fedeltà e devozione verso i nostri compagni (“Ho fatto una cazzata, lei mi tradiva”, ha dichiarato l’artefice di questo orrore) bensì non fidandoci mai del tutto. Non amando mai del tutto. Tenendo, come diceva la mia saggia analista Antonia Branca, qualcosa solo per noi.
Tra le pieghe della mente umana ci sono nascosti così tanti infiniti orrori che nemmeno Lovecraft ha mai immaginato in quella dei grandi antichi.
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Ognuno di noi ha il suo modo per affrontare le situazioni, le difficolta, la violenza è spiccia ed efficace, e per questo motivo molte volte attira l’ammirazione dei deboli, che diventano tra le persone più violente. È un meccanismo perverso, chi si aspetterebbe tanta violenza da un debole, ma è cosi. Chi è vittima dovrebbe pensare quanto sia pericoloso cercare di salvare chi sta annegando nelle sue paure: serve un po’ di egoismo, come si faceva coi tossici degli anni 70… li si lasciava andare nel loro mare di solitudine, e alcuni per non sentirsi affogare guarivano. Io la vedo così, a me i cosidetti duri fanno rabbia e pena… più rabbia però.
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