Ogni tanto

di Alice Ayres

Da un annetto convivo con occasionali problemi di memoria, piccoli buchi neri che inglobano senza ritorno nomi di vie, commissioni, cose poco importanti dette o non dette. Abituarmi all’idea di avere un cervello in piccola parte fallibile è stato strano, noioso e allarmante, ma un lato positivo – l’ho scoperto domenica – esiste. Ed è accorgersi, in un dato istante, di star vivendo un momento che, invece, non dimenticherai. Una sorta di “sei felice e lo sai”, ma più strutturato: percepire che quell’attimo resterà nel tuo libro di storia e riuscire a godertelo seduta stante per ciò che è, perfetto.

Non un guizzo di malinconia a posteriori, di quelli che non sai nemmeno se siano andati davvero così o vengano edulcorati dal passare del tempo; no, un autentico morso in diretta del senso della vita, la cui euforia affiora sulla superficie sensibile delle cose privandole di dolore, per consacrare un sorriso, una risata, una parola d’amore all’immortalità più luminosa.

È l’undicesimo mese del calendario, venerdì spegnerò una candelina in più, e se anche da domani tutto dovesse andare storto ricorderò il 2024, fino a oggi, come l’anno più bello della mia vita adulta privilegiata. Aspettando, invano, che possa essere così per tutti.