Questo freddo

di Alice Ayres

Era il primo dicembre di una vita fa. So che faceva freddo, ma so anche che non lo sentivo. Nemmeno in motorino, addirittura senza guanti. Spericolata a mio modo, mi verrebbe da dire, un’adolescente qualunque col suo piccolo “bonus immortalità” in tasca. Erano i tempi in cui provavo disagio verso cose che oggi mi lasciano indifferente, e ritenevo sicuri contesti che ora mi preoccuperebbero.

Ricordo tutto di quel pomeriggio. Il buio presto, il ritrovo dietro la Rai, una svolta azzardatissima in mezzo a corso Sempione senza passare dal controviale. Il parroco che proprio quella sera suona alla porta per benedire casa. Due ragazzini che si credono grandi; i suoi occhi, le nostre paure.

Quante cose ha perso per strada, quella me: l’impulsività, la maschera, la leggerezza degli anni che furono. Che non ritornano. E di cui non rimpiango niente, se non un semplice concetto al quadrato: la possibilità di potere. La certezza che c’è tempo, e margine, di diventare e fare tutto.

Arrivata a questo punto, per sentirmi viva non basterebbe certo guidare il motorino alle porte dell’inverno senza sentire freddo. Ma sarebbe bello, non sentire freddo. Questo freddo che mangia i sogni.

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