Identità migranti

di Alice Ayres

“Ti conosco forse meglio di quanto tu conosca te stessa” ha sentenziato ieri colui che ha dipinto di me un ritratto per nulla corrispondente all’originale. Di quelli che a furia di rifinire i dettagli diventano un impasto senza bellezza né tecnica. Che avrebbe potuto disegnare un estraneo.

Per riuscire a raggiungere la complessa semplicità che mi caratterizza oggi ho attraversato una strada a volte buia e troppe volte ostacolata dall’autolesionismo. Ma è servita a evolvere, a stancarmi delle cose brutte, a migliorarmi per meritare quelle belle.

Agli uomini che in futuro sceglieranno di giudicare, analizzare e ridurre ai minimi termini una donna – cercando di negarne il valore – consiglio un semplice atto di coraggio: fermatevi e chiedetele aiuto. Il suo cuore farà il resto.

Sono quella a cui basta un regalo da un euro per sentirsi la donna più corteggiata del mondo.
Sono quella che aveva la camera piena di peluches per sentirsi coccolata.
Sono quella che come password del computer usa il soprannome tenero con cui la chiama suo fratello.
Sono quella che all’alcol preferisce una tazza di thè caldo alla menta.
Sono quella che ha paura di stare a casa da sola la notte.
Sono quella che quando ha la musica nelle orecchie canticchia ogni canzone senza neanche accorgersene.
Sono quella che si commuove se la sorprendi coi suoi cioccolatini preferiti.
Sono quella che si sente una regina se la porti a cena al cinese in un giorno feriale, o a prendere un caffè al bar a metà pomeriggio.
Sono quella che preferisce arrivare in ritardo a lavoro pur di accarezzare e baciare il viso dell’uomo che ama prima di uscire di casa.
Sono quella che ha sempre freddo e si rintana sotto il piumone dopo aver fatto l’amore.
Sono quella che si prende addosso la cattiveria dell’altro per consentirgli di sentirsi meno debole. Che ti abbraccia nonostante tutto.
Sono quella che pesa ogni parola, che non si vergogna di parlare col cuore, e promette solo ciò che può e vuole mantenere.
Sono quella che davanti alle ingiustizie si dispera come una bambina.
Sono quella che ha il coraggio di difendere un amore in cui crede, innanzitutto dalla propria paura.
Sono quella che anche mentre la ferisci si preoccupa per te, che non lascia alla rabbia l’ultima parola mentre ti dice addio.
Sono quella che non sognava altro che una vita fatta di patate al forno, film da guardare al pc e confidenze nella penombra di un bagno caldo insieme.

Sono quella che stanotte lontana dalle sue braccia penserà di soccombere, ma che domani – proprio perché lontana da lui – saprà rinascere.

Never forget where you come from, diceva Francesco.