Alice Ayres

You can't rely on other people to make you happy

Tag: vita

Innamorarsi

Innamorarsi. Ma non in quel modo lì. Quello dei sedici anni che sembrano non finire mai, che perdi il senno per qualcuno che in fondo nemmeno conosci, che ti addormenti in un letto d’illusioni ingigantite dal sesso per risvegliarti – prima o poi – in una realtà che di romantico e idilliaco ha ben poco. È capitato quasi a tutti, no? Di idealizzare, di scialacquare le speranze, di restare delusi tanto dall’altro quanto dalla nostra intrinseca incapacità di fare selezione, troppo impazienti per non perdere subito la testa.

Innamorarsi in un modo nuovo, sano, vero. Quello che fa poco rumore e per mesi non si fregia di alcuna parola dolce. Che non ricorre alle promesse per farsi grande, ma anzi abbassa ogni aspettativa, volutamente. Che mantenendo i piedi a terra mette alla prova la veridicità di un sentimento appena nato – che lievita lento e silente, eppure senza freni. Fino a quando quel tuo ego smisurato ma disfunzionale – quello che ci hai messo anni ad allenare in nome della più alta delle indipendenze – si accorge che c’è improvvisamente spazio per qualcun altro. La persona che nel corso dei giorni, senza alcuna premeditazione, hai imparato a conoscere, scoprendo che al di là della paura di condividersi c’è il piacere stesso di farlo: di raccontarsi, di mettersi a nudo, di correre il rischio di essere – finalmente – compresi.

Da quel momento la fiducia comincia lentamente a farsi strada, oltrepassando i primi strati della corazza: se la paura ti sussurra ancora a un orecchio, l’altro invece si abbandona alla convinzione che sia giunto il momento di lasciarsi andare. Alla sua mano, che per strada ti tiene stretta a sé; alle labbra, che quando le baci ti senti a casa; agli occhi che sanno ascoltarti e stimarti più di quanto avresti immaginato. Forse innamorarsi sul serio è un atto di risolutezza, non di romanticismo. È la volontà di scegliersi, di accudirsi, di costruire insieme un mondo privato che ha come codice le leggi morali comuni a entrambi. Un luogo dove rifugiarsi la sera, potendosi dire tutto. Dove smussare i reciproci difetti e farsi coraggio, sempre. Un posto dove amarsi nel senso più profondo: cercando di essere migliori. L’uno per l’altra, e l’una grazie all’altro.

Innamorarsi, in un certo senso per la prima volta.

We did it

È la vigilia di Natale. Dicevano che avrebbe nevicato, invece a Milano non fa nemmeno freddo. L’elettricità nell’aria è appena percepibile, sembra un giorno come gli altri per chi non è più bambino. Persino per me che continuo ad aprire le caselle del calendario dell’avvento nella speranza di sentirlo ancora, il Natale.

L’appuntamento è IN via Vittorio Veneto per me, A via Vittorio Veneto per lui. Chissà poi chi usa la preposizione giusta.
Sono le cinque ed è già buio. Lo è da anni, tra noi.

Non lo vedo dal giorno in cui mi abbandonò sul pianerottolo di Roma, scalza e sgomenta. Dal giorno in cui ho capito che nessun uomo ti vorrà e potrà mai davvero proteggere.

Un negozio di fumetti, una passeggiata dietro Porta Venezia, un bar senza pretese come quelli “che piacciono a noi”, perché qualcosa di quegli anni insieme sarà pur restato nei gusti di entrambi. Non me la ricordo nemmeno la ragazza che ero quando stavo con lui, capace di essere assurdamente felice, seppur senza la serenità che ora possiedo. Come se il prezzo da pagare per la saggezza fosse rinunciare alla levità trasognata del primo amore. Quella che non torna più, che solo lui vide sul mio viso. Che è rimasta impressa in qualche foto, e dietro ai suoi occhi – remotamente.

La verità, però, è che tutto questo tempo lontani ci ha reso migliori. Migliori di quanto saremmo stati crescendo insieme, migliori del poco credito che ci siamo dati disprezzandoci per anni per motivi caduti ormai in prescrizione.
Ora quando parlo mi ascolti, e se ti offro un consiglio lo afferri con cura senza più gettarlo a terra. Ora i tuoi occhi lo riescono a vedere, il mio dolore, e tutte le ferite che mi hai lasciato – che qualcuno dopo di te ha reso piaghe da decubito, seppur senza riuscire a spezzarmi. Ora il tuo sguardo è fiero di quella che sono diventata con le mie sole forze, e il mio è scevro di ogni rancore.

È la vigilia di Natale. Dicevano che avrebbe nevicato, invece a Milano non fa nemmeno freddo. L’elettricità nell’aria è appena percepibile, sembra un giorno come gli altri per chi non è più bambino. Prima di cena, due figure in controluce si uniscono in un abbraccio per strada, davanti a un portone. La loro pelle ha ancora lo stesso odore, anche se le palpebre reggono il peso di molti anni in più. Il cuore invece si sente assurdamente leggero mentre scarta il suo regalo inaspettato: la fine della guerra, la vittoria di quell’affetto sincero che solo chi si è amato conosce.
Ora sì, che è Natale.