Alice Ayres

You can't rely on other people to make you happy

Tag: speranza

Mirror

L’ho guardato attentamente. Ho sentito il suo odore, il calore, soprattutto il gelo. Dopo un orgasmo la percezione è più vivace, è come se venire significasse vedere, avvicinandomi alla Verità. Ho osservato il nostro letto come mai prima. La costante penombra che non lo illumina mai abbastanza. Le lenzuola macchiate di sborra e lacrime. Ho pensato che fosse il simbolo perfetto di questo amore im/possibile, il giaciglio delle promesse che non si manterranno, dove il sesso più intenso sembra dire «addio» ma anche «resta», e gli abbracci nella notte sono l’unica dolcezza che ci rimane. Dove sentirmi troppo spesso sola al risveglio, e commuovermi ripensando a tutti i sorrisi che coloravano questa casa che ho sempre sentito ostile, nella cruda consapevolezza che nulla sarebbe mai stato nostro, neanche il letto a cui né il mio corpo né il mio cervello sentono di appartenere.

L’amore è uno scontro di differenze, è la paura che l’uomo davanti a te confonda la condivisione con una prigione, ché per fare entrare qualcuno nella propria vita fino in fondo non basta un ‘Ti amo’. Ci vuole una gioiosa, straripante, coraggiosa arrendevolezza di cui scopro gli uomini sempre meno virtuosi, privandomi pian piano io stessa di questa capacità, inabile come sono ad accettare che sarò eternamente infelice fino a quando continuerò a sperare di essere amata come vorrei. Nell’esatto modo in cui amo io.

La cosa peggiore di venerare troppo se stessi è che nessuno reggerà il paragone con la nostra presunta e infondata perfezione.

Venere e Merda

Galleggio in mezzo al mare. La spiaggia è a poche bracciate da me, così vicina da poter vedere i sorrisi dei bambini che giocano con la sabbia e i colori delle spugne stese al sole. Sento persino i gridolini delle ragazze che vengono buttate in acqua dai loro amati. Non vedo l’ora di raggiungere quell’apparente oasi di luce e pace, quella fetta di mondo ricca di sguardi spensierati e profumo di semplicità. E allora nuoto, nuoto con tutta me stessa, nuoto fino a sentire il cuore scoppiare, eppure – nonostante il mio impegno, nonostante io ami le sfide, nonostante meriti una vittoria – resto sempre dove sono. Immobile, disorientata, terrorizzata dall’idea di annegare proprio a un passo dalla felicità.

Da giorni – forse settimane – nuoto inutilmente contro una corrente che trascina via ogni mia speranza. Qualsiasi cosa io faccia si rivela sbagliata. Qualsiasi sforzo, inutile. Un tribunale speciale – che non conosce le leggi del cuore – mi giudica sempre colpevole, solo perché donna.
Io non so se sia vero che maschi e femmine sono diametralmente opposti e inconciliabili, so solo che finché qualcuno cercherà di prevalere sull’altro avranno perso entrambi. Non c’è tempo per “avere ragione” in questa vita, per ferire prima di venir feriti, per deturpare un amore puro e speranzoso trasformandolo nel palcoscenico di inutili recriminazioni. Per chiedere senza dare.

Il problema, nelle coppie, non è bisticciare. Non lo è mai stato. Il problema è farlo sempre per gli stessi motivi, senza vedere da parte dell’altro né un solo passo in avanti né l’intenzione di proteggere quel fragile amore da tutte le cose più stupide che possono intaccarlo, in primis le paure di entrambi. È come se a un certo punto si smettesse di nuotare verso la riva, verso i sogni di una vita insieme.
Dopo la rabbia, dopo la disillusione, dopo la delusione, resta solo la stanchezza. Perché amare senza ricevere la stessa intensità di attenzioni e comprensione, dare spiegazioni senza che nessuno ti creda, trascorrere ogni istante con l’ansia di uno spietato giudizio gratuito, nuotare contro una corrente che non ti fa avanzare di un solo centimetro privandoti di ogni positività, è quanto di più sfiancante io conosca.

Io non so come si faccia a far capire a un uomo la grandezza del sentimento – fedele e incondizionato – che si prova per lui. So solo che a me ne basterebbe la metà per sentirmi la persona più al sicuro del mondo.

Abbiate il coraggio di amare. O perlomeno di ammettere che siete troppo spaventati per farlo fino in fondo.

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