Alice Ayres

You can't rely on other people to make you happy

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Inevitabili luoghi comuni

Di tutte le etichette maschiliste affibbiate a una donna, quella che mi infastidisce di più è ‘rompicoglioni’, che è un po’ come dire che tutti gli uomini sono stronzi: uno statement statisticamente probabile ma non per questo universalmente vero. Ora, io sono assolutamente pronta a riconoscere che la stragrande maggioranza delle femmine, me per prima, all’occorrenza sappia essere più pesante di un’opera teatrale di cinque ore (purtroppo per noi, per la nostra teatralità non indossate mai lo smoking ma solo la tenuta da casa), ciò che non tollero è l’arroganza con cui un uomo pensa che la cosa sia del tutto univoca.

Potrei passare giorni interi a elencare tutti i motivi legittimi (bugie dette in faccia, cattiverie gratuite, mancanza di rispetto) e illegittimi (un ritardo di 10 minuti, aver dimenticato di fermarsi a comprare il pane, una battuta più offensiva che divertente) per cui una donna non riesce proprio a stare zitta. Potrei persino dimostrare che molto spesso c’è una verità di fondo o un atteggiamento sgradevole altrui alla base di un rigurgito di personalità di Venere, ma il punto non è questo. Il punto è che viviamo in un mondo dove è più facile dire ai propri amici che la tua tipa rompe il cazzo piuttosto che “sto bene con lei”. Dove le amiche di una ragazza conoscono ogni difetto possibile e immaginabile del suo compagno e pochi suoi pregi, ché parlare d’amore in termini positivi pare un’usanza sempre più destinata a estinguersi. Perché il cinismo ci salva dalle delusioni. Perché la paura di un’inculata accompagna qualsiasi relazione sociale: guai a sembrare deboli, meglio (?) sembrare inumani. Se penso alle poche coppie esemplari che conosco, mi rendo conto che ciò che più ammiro di loro non è l’intesa o la complicità – sono cose ingiudicabili dall’esterno, appartengono solo a chi le vive – bensì il coraggio di amarsi come se non ci fosse un domani. Alla luce del giorno. In everyone’s face.

Tutte le fidanzate rompono i coglioni, dicono. E per certi versi è pure vero. Ma le storie senza scontri, senza compromessi e rinunce non esistono cari amici della guerra tra i sessi. Se scegliete una relazione – e dubito che qualcuno vi intimi di farlo minacciando di uccidere vostra madre per non avervi insegnato l’empatia – scegliete anche i suoi lati negativi. Non siete eroi, non siete martiri, siete solo delle persone normali che come tutte fanno i conti con le responsabilità (la parola spauracchio per eccellenza) derivanti dal libero arbitrio. Ridurre una donna a un cliché significa in un certo senso non amarla. Aspettarsi che stia zitta anche se la ferite, così che soddisfi la vostra idea utopistica di ragazza perfetta, significa non amarla per ciò che è.

Forse quello che ad alcuni sfugge è che non c’è bisogno di scenate isteriche, stalking da gelosia, pianti melodrammatici e altre gesta sopra le righe per rompere i coglioni. I vostri silenzi e musi da lunatici, le lamentele per due linee di febbre o perché siete stanchi manco foste andati in guerra, la vostra cronica incapacità di chiedere scusa, le gelosie inasprite da maschilismo e insulti, l’indifferenza che dimostrate verso cose – magari stupide – che per noi sono importanti, il vostro costante gioco sulla difensiva e la pressoché totale consapevolezza che verremo prima di voi solo nel sesso – credetemi – sono delle colossali, quotidiane, incessanti, nauseanti, insostenibili, devastanti rotture di coglioni. Ma dato che vi amiamo (!) non ve lo rinfacceremo a ogni occasione. Solo con qualche scenata.

[Non sono io a essere sessista, sono i sessisti a rendermi tale]

Silenzi/o

Il silenzio non dovrebbe mai riprodursi: niente matrimonio, niente figli, niente nipoti, niente di niente.
Quando si moltiplica, quando è soppiantato dal plurale – dai silenzi – tutto cambia.
Alla pace subentra la tensione. Alla complicità di due sguardi il fastidio, talvolta il disprezzo. È il linguaggio dell’intolleranza, è l’inizio di ogni mortificazione.
I silenzi fanno rumore come le coltellate: nessun frastuono, solo ciò che basta ad assordare il cuore. I silenzi riempiono la casa come nessuna risata sa fare: la infestano, appestano, trasformano in culla del rancore. Ogni minuto che passa – ogni istante in cui l’orgoglio e la stupidità umana lo prolungano – è un fallimento evoluzionistico. È come dire “Avevamo l’occasione di essere maturi, ma abbiamo scelto di sprecarla”. In palio – in fondo – c’è solo la solitudine, quella che ci illude di essere la soluzione per poi trasformarsi in lancinante senso di abbandono, ché la ragione – l’aver ragione – è l’oppio dei perdenti, coloro che perdono qualcosa. O qualcuno.

Se non ci rivolgiamo la parola non esistiamo. O perlomeno l’altro non esiste per noi. E quando l’altro non esiste è come se l’avessimo affogato nella vasca da bagno, in uno di quei delitti che Erano due brave persone, salutavano sempre.
Una coppia dovrebbe essere formata da individui che stanno dalla stessa parte della barricata, non ai lati opposti, eppure la paura sa essere più forte di ogni alleanza. La paura come unica certezza del presunto amore. Ciò che penso è che dovremmo imparare ad avere paura insieme, immolando il nostro egocentrismo al dio del buon senso.

Parlatevi. Non logorate il tempo che vi è concesso.
Ascoltate chi vi ama, qualsiasi cosa abbia da dire.
Il futuro è nel confronto.

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