Let go
di Alice Ayres
Siamo cresciuti credendo che ogni traguardo mancato, ogni cambio di rotta imprevisto, ogni schiena che si allontana dai nostri occhi corrisponda a un fallimento. L’occasione, la felicità perdute. È davvero finita, ora lo so. E dovrei essere triste e malinconica, sentire nel suono della parola fine il gemito sottile dell’infrangersi dei sogni – troppo impalpabili per far davvero rumore, se non nel fondo dell’anima. Potrei piangere ripensando a tutti i sorrisi, i litigi, i battiti di cuore che spezzano lo sterno; a ogni singolo sguardo – felice, appassionato, terrorizzato – che oggi sembra servito a niente. Potrei puntare i piedi, avvinghiarmi alla convinzione adolescenziale ed egoistica secondo cui se vuoi qualcosa devi combattere, insistere, andare contro ogni logica. Potrei… ma semplicemente non è più quel tempo, come se l’aria avesse cambiato profumo.
Ora è il momento di diventare adulti, di essere sereni. Sereni nello schiudere la mano e lasciare andare i ricordi, seguirli con un ultimo compassionevole sguardo mentre si depositano nel passato, lungo quell’irta strada già battuta che ora mi ispira a camminare diversamente, foss’anche col semplice naso all’insù. È il momento di non sentirsi soli mentre autunno e inverno bussano all’uscio, di scivolare sotto a una coperta soffice ascoltando i propri respiri come onde sul bagnasciuga, nella soave melodia di un cuore che ritorna finalmente placido. È ora di smettere di aggiungere alla tela continue pennellate alla ricerca estenuante di una presunta perfezione.
È tempo di appendere il quadro e dire: “Va bene così”.
Tempo fa ti scrissi in mail per avere uno schietto parere femminile circa una storia che mi vedeva coinvolto. Ora leggo che entrambi siamo giunti allo stesso capolinea.
Non é “mal comune mezzo gaudio”, solo la constatazione di quanto poco comuni siano situazioni che invece crediamo uniche per il solo fatto d’essere coinvolti in prima persona.
É sempre un piacere leggerti.
Saluti,
Umberto
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Fu Monet a dire “Ho voluto la perfezione e ho rovinato quel che andava bene”. Le tue ultime righe me lo hanno ricordato.
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È curioso il concetto di fine, così istintivamente lo associamo a qualcosa di triste, un azione finita, qualcosa che ha esaurito in fondo il suo ciclo vitale, eppure nelle favole ci hanno inculcato il concetto di lieto fine, come se una qualsivoglia conclusione, se con esito piacevole, sia ciò cui dobbiamo sempre tendere per bearci poi di questo mirabile esito.
Probabilmente, come sempre, la verità è nel mezzo, perché quasi ogni fine, che sia triste o piacevole presuppone lasciar spazio a nuove emozioni, nuove sensazioni, nuovi percorsi da portare verso nuove inimmaginabili conclusioni (certo esclusa l’unica irrimediabile fine cui purtroppo tutti tendiamo inevitabilmente).
Appendendo così innumerevoli quadri alle pareti della nostra vita, arredandola (molto bella questa visione dei quadri)
E ogni volta che penso alle cose che finiscono, agli addii, mi tornano in mente alcune parole dal Giulio Cesare: se ci incontreremo ancora, allora sorrideremo, altrimenti, sarà stato comunque un bell’addio.
(come sempre è delizioso leggerti)
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È un quadro bellissimo, così come lo sei tu quando Lasci Andare.
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