Respiri affannati

di Alice Ayres

Non diteglielo mai. Quanto mi piace entrare in casa sua, lasciando i pensieri fuori dalla porta. Quanto è bello ridere insieme come se fosse sempre vacanza, con la trepidazione mista a un pizzico d’imbarazzo di chi sa che quei sorrisi stanno per trasformarsi in baci.

Non ditegli che la sua bocca è il nettare della sensualità, e che nessun amplesso da film a luci rosse varrà mai l’inaspettata dolcezza di quelle morbide labbra che baciano il mio corpo – tutto – lentamente, prima che il romanticismo lasci spazio a fervore e irruenza. Non deve sapere che quando sfiora la mia schiena mi sento come un’opera d’arte che prende vita dipinta dal suo respiro.

Non raccontategli cosa provo mentre la sua mano mi afferra con veemenza il viso, il collo, lo scalpo, i capelli. Mentre mi guarda negli occhi e affonda dentro di me, tenendomi ferma come fossi un animale impossibile da catturare, un felino selvaggio che si è arreso al suo comando.

Non confidategli che tra le sue mani il mio corpo non ha segreti né imperfezioni. Che il modo in cui accarezza la mia anca un po’ troppo carnosa – o ancora la mia pelle tutt’altro che soda – glorifica il mio essere donna, senza artifici, senza paura di non piacere.

Non fategli sapere che sono pazza dei suoi lineamenti: quei grandi occhi a mandorla, la bocca carnosa, le gote piene e lisce, il profilo del naso che parla d’Arabia e terre lontane. Del suo odore che mi resta addosso come una seconda pelle, come un peccato, come una benedizione.

Non dite niente a quest’uomo troppo preoccupato del confine tra passione e sentimento. Quel filo sottile su cui io invece amo piroettare, in bilico tra la voglia di restare per una notte e il bisogno di fuggire via.