Cose che amo dei maschi

di Alice Ayres

Mi piacciono gli uomini che danno una chance all’amore, quelli che da un giorno all’altro dicono agli amici “Devo trovarmi una ragazza!”, che ne sentono l’urgenza quando tutti gli altri cominciano ad averne una, come fosse un must, come la macchina per i ragazzini neopatentati. Mi fa sorridere il modo in cui condividono le storie tra loro, la dolcezza dei vari “state veramente bene insieme” che dicono all’amico appena fidanzato in segno di approvazione. Mi intenerisce la loro ingenuità, come si lascino abbindolare dalla prima che passa quando si sentono soli, il modo in cui piangono se una che “credevano diversa” li tratta male, il fatto che siano totalmente inconsapevoli della fragilità che trasmettono e che una donna sa percepire e sfruttare a proprio favore. Mi divertono i maschi che tra una sbronza e l’altra parlano del sogno, un domani, di avere una famiglia, senza porsi il problema che quel futuro che continuano a rimandare cominci a essere vicino, perché magari hanno quasi 40 anni anche se tra loro si definiscono “ragazzi”, forse per dimenticare i capelli che sempre più spesso lasciano sul cuscino.

A volte mi domando come sia l’amore visto dagli occhi di questi uomini, se davvero tutto quel romanticismo che ogni tanto usano come scudo e come spada lo sentano quanto noi, noi che stupidamente – soprattutto nei primi amori – abbandoniamo le redini del nostro destino nelle mani del ragazzo di turno, sempre sbagliato o “solo” ignaro del danno irreversibile con cui il modo in cui ci abbandonerà segnerà il nostro futuro. Mi chiedo come un maschio, a volte, riesca a decidere razionalmente quando esporsi alla chance di una relazione e quando no, come se non fosse tanto la personalità di una donna a contare quanto il momento della vita in cui una capita, fosse anche una “troia” pronta a usarlo e buttarlo via. Con questo non voglio dire che l’amore che viene dagli uomini sia freddo e razionale – anche se talvolta lo è, di certo si fanno più domande e seghe mentali di noi sul senso dello stare insieme, come tanti piccoli filosofi mancati -, però talvolta non riesco a mettere a fuoco quell’aura decisionale con cui cospargono gli step delle loro vite, come fossero fasi obbligate e sequenziali, capitoli da scrivere in un ordine preciso, esperienze sceneggiate da non si sa chi (e difatti spesso non adatte a loro). Come quelli che dicono “Bisogna provare tutto”, e a furia d’inseguire nuove “esperienze di vita” annegano dentro loro stessi, senza evolvere, senza una rotta. A volte è la curiosità a “guidarli”, altre mi sembra più la ricerca di qualcosa che non trovano mai, dettata dall’assurdità dell’uomo che agisce in branco e che non sai bene se sia frutto di se stesso o dei lupi che lo circondano.